A meno di 10 giorni dalla liberazione un bracconiere uccide un esemplare di cerva femmina in gravidanza
Stamattina a San Severino Lucano non si parlava di altro, nei bar, per strada: hanno ucciso un cervo!!! Sono passati meno di 10 giorni dalla liberazione dei 35 cervi provenienti dall?Austria che è avvenuto il primo caso di bracconaggio. Questo gesto ci riporta in coda alla graduatoria dei paesi cosiddetti civili. Vergogna!
Il cervo, una femmina in gravidanza, è stata ritrovata Lunedì ed è stata uccisa tra Sabato e Domenica. Questi animali provenendo da un paese, l?Austria, dove rigorosamente vengono rispettati i divieti di caccia e la gente è fortemente rispettosa dell?ambiente, si sono avvicinati alle zone abitate con tutta tranquillità. Ma qui, invece di un austriaco, hanno trovato un imbecille. L?animale è stato ritrovato scuoiato ed sviscerato con un precisione da macellaio: è evidente quindi che si tratta di una persona esperta all?abbattimento di grossi animali, forse un cacciatore di cinghiali. Il confine tra bracconiere e cacciatore e sempre molto sottile. Pare che la Forestale si stia adoperando per aumentare il controllo nell?area di liberazione del cervo, anche se tale impegno poteva essere preso immediatamente e contemporaneamente alla liberazione.
Dal canto suo dai vertici dell?Ente Parco non arriva nessun comunicato. Credo che in questo momento l?Ente sta avendo un atteggiamento permissivo o di passiva indifferenza al problema del bracconaggio nel Parco. Da ovunque arrivano notizie di cinghiali uccisi, spesso di scrofe in attesa di partorire i piccoli, così come la presenza di alcune specie animali, che sembravano essere aumentate in passato, sono di nuovo in declino. Non è una novità che anche in località come Piano Ruggio non sia infrequente la presenza di cacciatori di lepre. Alcuni cinghiali sono stati uccisi a Rotonda a pochi km in linea d?aria dall?Ente Parco.
A dieci anni dall?istituzione del Parco non sono ancora state definite le aree contigue riservate ai cacciatori residenti nei comuni del Parco e questo provoca malcontento e favorisce il bracconaggio.
L?uccisione della cerva è sintomo di una amministrazione inadeguata alla gestione dell?ambiente. Presidenti e direttori, vecchi e nuovi, non hanno perso mai occasione per apparire a convegni e interviste televisive. In questo momento una forte presa di posizione dell'Ente per difendere il SUO progetto della reintroduzione del cervo era d?obbligo e necessaria. L?Ente deve far sapere a tutti da quale parte è schierato: un pastore deve difendere le sue pecore! Da subito avrebbe dovuto mobilitare la Forestale ad una maggiore operatività sul territorio. Da subito avrebbe dovuto mobilitare associazioni, enti locali, scuole, istituzioni ad ?adottare? simbolicamente i cervi, affinché si venga a creare un ambiente favorevole al progetto e ostile a chi compie atti vandalici di questo tipo.
Questi cervi hanno uno scopo ben preciso: essere i fondatori di una popolazione che ricolonizzi il territorio del Pollino.Qualcuno nella sua gretta ed istintiva visione del mondo ha pensato bene di mangiarsene uno.
Cosa importa a questo imbecille se un giorno questo nucleo di cervi consentirà di ricolonizzare le vaste aree montane della Basilicata e della Calabria. Cosa importa a questo imbecille se tra qualche anno cittadini e turisti del parco potranno ammirare la possente mole di un cervo maschio che pascola sui prati del Pollino e non vederli sempre e solo in televisione o allo zoo. Cosa importa a questo imbecille di quella cerva incinta che avrebbe potuto dare vita al primo cerbiatto nato sul Pollino da due secoli. Cosa importa a questo imbecille se tra qualche decennio potrà essere possibile aprire la caccia al cervo nelle aree esterne al Parco e dare vita ad un economia legata allo sfruttamento della selvaggina. Cosa importa a questo imbecille se un esemplare di cervo che è costato circa 2000 euro ed è stato trasportato per 3.000 km dall?Austria fino al Pollino era destinato a scopi più alti e nobili della cottura in una lercia padella.
Quest?uomo in questo momento si sta mangiando un pezzo delle nostre speranze e mi auguro che ne possa restare fortemente disgustato.
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