Rotonda, 28 aprile 2002, c'è il funerale del "Cinese". No non è Sergio Cofferati, ma Pietro De Marco, operaio, schiacciato da materiali per la costruzione di tralicci durante un operazione di carico e scarico.
All'arrivo di queste notizie si reagisce in modo contraddittorio. Si pensa subito "speriamo che non sia Tizio" e poi scopri che è capitato a "Caio".
Si pensa all'ultima volta che lo hai incontrato, alla birra che non gli hai offerto, al caffè lasciato in debito, alla battuta divertente che ti ha raccontato. Oppure ti chiedi "ma chi era?" Si pensa ad una vita fatta di polvere, unto, bestemmie, sole cocente, ma anche freddo che ti ghiaccia le mani, dolori alla schiena. Si pensa ad una vita fatta di rassegnazione davanti alle umilianti trasmissioni televisive ricche di cosce, seni e miliardi che non avrai mai tra le tue mani. Si pensa ad una vita fatta di "abnegazione al lavoro", di lotte sindacali fatte solo da chi può permetterselo, di accordi sulla tua pelle, di sindacalisti, ispettori, politici e polizie che non fanno il loro dovere.
Di pensieri e frasi fatte come "devo pensare ai miei figli", "ho famiglia". Una vita fatta di troppa stanchezza per ascoltare chi parla di te e dei tuoi interessi. Di una vita fatta di mancanza di tempo per imparare a leggere e leggere un giornale che ti spiega chi sta dalla tua parte e chi è contro di te. Di una mente che funziona sempre più lentamente, perché uccisa dalla stanchezza di pensare che possa esistere un mondo migliore di questo.
Uno dei più grandi fallimenti della politica ambientale e conservazionista italiana
lunedì 29 aprile 2002
martedì 9 aprile 2002
Val D'Agri: tra ruderi, petrolio, pecore e lupi
Ogni volta che da Rotonda vado verso Nord, attraverso un lembo di Calabria, e puntualmente un bel cartello dell’APT mi ricorda con un Benvenuto in Basilicata quanto siamo poco Basilicatesi noi Rotondesi.
Perchè Basilicatesi? Perché per andare in Basilicata noi di Rotonda siamo costretti anche ad attraversare il Vallo di Diano (provincia di Salerno) e questa terra è Lucania: non posso quindi affermare di non sentirmi Lucano. Per fortuna è Domenica.
Il Venerdì nei pressi di Castelluccio Inf. mi avrebbero costretto ad attraversare l’abitato, per evitare il mercato che fanno sulla nuova strada provinciale a scorrimento veloce: mi chiedo perché non lo fanno direttamente sull’autostrada SA-RC, sarebbe ancora più comodo per fare spesa.
Mi ritrovo sulla bella larga strada di Cogliandrino, improvvisamente tagliata trasversalmente da una strada principale stretta e piena di buche che ha diritto di precedenza. Lo stop sembra disegnato per i non vedenti: tanto non lo vede nessuno! Inchiodata paurosa con il rischio di caricarmi sulla macchina un gregge di pecore. Le buche? Ho perso il conto. Finalmente arrivo a Grumento.
Indicazioni per il Parco Archeologico tante, ma quella più importante, l’ultima, la vedi solo dopo che hai già attraversato l’incrocio.
Torno indietro dopo aver cercato una piazzola per fare inversione. Il Museo conserva oggetti straordinari. Oltre a vari tipi di contenitori provenienti da tutto il mediterraneo e ad alcune piccole e belle statue di divinità femminili, il pezzo forte è una mano appartenente ad una statua colossale che doveva essere alta più di 5 metri: il Colosso di Grumentum (solo a pensarci mi viene un brivido alla schiena).
Peccato: i testi pesantissimi da leggere e le illustrazioni poco comunicative. Per non parlare dei custodi, per i quali soffro a pelle di un odio viscerale. Vorrei che nei musei lavorassero figure professionali capaci anche di spiegare qualcosa, di guidare un gruppo di turisti alla conoscenza di questi tesori.
E invece? Quanto costa il biglietto? A che ora chiude? Dov’è il bagno? Fine delle domande consentite. Il Parco Archeologico: che bello avere una piccola Pompei vicino casa. I resti dei Templi, Il Teatro e L’Anfiteatro, due edifici termali: grandioso.
Certo che 2000 anni fa agli svaghi ci pensavano. A Rotonda ancora oggi non sono stati capaci di realizzare neanche uno scivolo, un’altalena e una giostra per bambini: poi si chiedono perchè calano le nascite. Nel Foro incontro un pastore e le sue trecento pecore. Mi invita ad andare anche laggiù e quindi mi spiega che il parco è diviso in tre aree separate (il custode forse è sordomuto?).
Uno scambio di battute sul colore delle sue pecore (sono sporche o sono scure? Perché da te come sono?), avvia una cordiale conversazione. Mi spiega che lui pascola lì da molti anni e che paga l’affitto (circa 120.000 lire al mese, in euro sempre 120.000 lire sono). Io obietto: ma scusa sfalci l’erba e ti fanno pagare?
Sorridendo mi dice che, in effetti, un tempo c’era una cooperativa che faceva questo lavoro. Ci salutiamo e mi ringrazia per avergli dedicato un po’ di tempo: Fa bene rinfrescarsi il cervello ogni tanto mi dice. La cosa mi fa immensamente piacere.
Esco dal Parco e proseguo verso Viggiano. Arrivato al Centro Oli mi fermo a fare una foto alla torre d’acciaio sovrastata dalla fiammella olimpionica che arde anche se l’anfiteatro è da due millenni che non ospita più i giochi. Mi faccio anche una foto con l’autoscatto. Ad un certo punto si avvicina un fuoristrada dell’AGIP. L’autista mi osserva.
Io penso che ce l’abbia con me per via della foto. Mi infilo in macchina, ripongo la macchina fotografica e parto lentamente come se niente fosse. Lo osservo dallo specchietto retrovisore, lui riparte ritornando verso il Centro Oli. Io per avere una conferma che fosse lì per me, tiro fuori la mano dal finestrino con il pugno chiuso. Purtroppo il mio dito medio involontariamente resta aperto: lui frena, io accelero e mi allontano velocemente. Mi viene in mente la Nigeria: tempo fa impiccarono alcuni oppositori ai progetti di sfruttamento petrolifero del regime. Ma in Italia è diverso: molti oppositori hanno barattato un bel posto di lavoro con l’anima. Scopro che a Viggiano i cartelli stradali sono stati installati solo per chi proviene dall’altra direzione. Non capisco se sono solo per i residenti, per tenere lontani i forestieri o se sono stati pagati dall’Eni per dirottare la gente solo in alcune direzioni. Salgo su in montagna e raggiungo il Centro Residenziale la Fontana dei Pastori.
ùA confronto il vicino e piccolo Museo del Lupo sembra Davide che combatte contro Golia. Qui trovo in distribuzione un bel supplemento sulla Basilicata di una nota rivista naturalistica. All’interno una inchiesta "l'oro nero" e un bel po’ di pagine pubblicitarie dell’ENI.
Qui l’aria puzza ma non è solo una metafora. Mi rinfranco lo spirito ammirando il panorama, dalla cadente e orrenda piattaforma del tiro al piattello, verso i monti Sirino e Alpi innevati e la verde Val D’Agri. Il tormentone del giorno: ai bar per un bicchiere d’acqua mi raccomando che non sia del rubinetto.La sera davanti all’albergo incontro due militari (si e no ventenni) in divisa e armati fino ai denti. Mi chiedono una sigaretta. Gli chiedo cosa ci facciano qua. Sono di vigilanza ai pozzi per via della crisi terroristica. Mi andrebbe di chiedergli come dovrebbero reagire in caso di un attentato terroristico. Ma non lo faccio. Tanto non lo sanno neanche loro. Nel paese della moda anche l’esercito ha bisogno di sfilare per mostrare le nuove divise. Durante la notte un chiarore irreale avvolge la Val D’Agri, sembra di essere in un film di fantascienza.
Andateci in Val d’Agri, non lasciatela sola, la gente è cordiale, Il cibo è buono, il paesaggio è bello (sembra la Svizzera dicono tutti) e in fondo l’aria che respirate nelle vostre città non è più pulita di questa.
Perchè Basilicatesi? Perché per andare in Basilicata noi di Rotonda siamo costretti anche ad attraversare il Vallo di Diano (provincia di Salerno) e questa terra è Lucania: non posso quindi affermare di non sentirmi Lucano. Per fortuna è Domenica.
Il Venerdì nei pressi di Castelluccio Inf. mi avrebbero costretto ad attraversare l’abitato, per evitare il mercato che fanno sulla nuova strada provinciale a scorrimento veloce: mi chiedo perché non lo fanno direttamente sull’autostrada SA-RC, sarebbe ancora più comodo per fare spesa.
Mi ritrovo sulla bella larga strada di Cogliandrino, improvvisamente tagliata trasversalmente da una strada principale stretta e piena di buche che ha diritto di precedenza. Lo stop sembra disegnato per i non vedenti: tanto non lo vede nessuno! Inchiodata paurosa con il rischio di caricarmi sulla macchina un gregge di pecore. Le buche? Ho perso il conto. Finalmente arrivo a Grumento.
Indicazioni per il Parco Archeologico tante, ma quella più importante, l’ultima, la vedi solo dopo che hai già attraversato l’incrocio.
Torno indietro dopo aver cercato una piazzola per fare inversione. Il Museo conserva oggetti straordinari. Oltre a vari tipi di contenitori provenienti da tutto il mediterraneo e ad alcune piccole e belle statue di divinità femminili, il pezzo forte è una mano appartenente ad una statua colossale che doveva essere alta più di 5 metri: il Colosso di Grumentum (solo a pensarci mi viene un brivido alla schiena).
Peccato: i testi pesantissimi da leggere e le illustrazioni poco comunicative. Per non parlare dei custodi, per i quali soffro a pelle di un odio viscerale. Vorrei che nei musei lavorassero figure professionali capaci anche di spiegare qualcosa, di guidare un gruppo di turisti alla conoscenza di questi tesori.
E invece? Quanto costa il biglietto? A che ora chiude? Dov’è il bagno? Fine delle domande consentite. Il Parco Archeologico: che bello avere una piccola Pompei vicino casa. I resti dei Templi, Il Teatro e L’Anfiteatro, due edifici termali: grandioso.
Certo che 2000 anni fa agli svaghi ci pensavano. A Rotonda ancora oggi non sono stati capaci di realizzare neanche uno scivolo, un’altalena e una giostra per bambini: poi si chiedono perchè calano le nascite. Nel Foro incontro un pastore e le sue trecento pecore. Mi invita ad andare anche laggiù e quindi mi spiega che il parco è diviso in tre aree separate (il custode forse è sordomuto?).
Uno scambio di battute sul colore delle sue pecore (sono sporche o sono scure? Perché da te come sono?), avvia una cordiale conversazione. Mi spiega che lui pascola lì da molti anni e che paga l’affitto (circa 120.000 lire al mese, in euro sempre 120.000 lire sono). Io obietto: ma scusa sfalci l’erba e ti fanno pagare?
Sorridendo mi dice che, in effetti, un tempo c’era una cooperativa che faceva questo lavoro. Ci salutiamo e mi ringrazia per avergli dedicato un po’ di tempo: Fa bene rinfrescarsi il cervello ogni tanto mi dice. La cosa mi fa immensamente piacere.
Esco dal Parco e proseguo verso Viggiano. Arrivato al Centro Oli mi fermo a fare una foto alla torre d’acciaio sovrastata dalla fiammella olimpionica che arde anche se l’anfiteatro è da due millenni che non ospita più i giochi. Mi faccio anche una foto con l’autoscatto. Ad un certo punto si avvicina un fuoristrada dell’AGIP. L’autista mi osserva.
Io penso che ce l’abbia con me per via della foto. Mi infilo in macchina, ripongo la macchina fotografica e parto lentamente come se niente fosse. Lo osservo dallo specchietto retrovisore, lui riparte ritornando verso il Centro Oli. Io per avere una conferma che fosse lì per me, tiro fuori la mano dal finestrino con il pugno chiuso. Purtroppo il mio dito medio involontariamente resta aperto: lui frena, io accelero e mi allontano velocemente. Mi viene in mente la Nigeria: tempo fa impiccarono alcuni oppositori ai progetti di sfruttamento petrolifero del regime. Ma in Italia è diverso: molti oppositori hanno barattato un bel posto di lavoro con l’anima. Scopro che a Viggiano i cartelli stradali sono stati installati solo per chi proviene dall’altra direzione. Non capisco se sono solo per i residenti, per tenere lontani i forestieri o se sono stati pagati dall’Eni per dirottare la gente solo in alcune direzioni. Salgo su in montagna e raggiungo il Centro Residenziale la Fontana dei Pastori.
ùA confronto il vicino e piccolo Museo del Lupo sembra Davide che combatte contro Golia. Qui trovo in distribuzione un bel supplemento sulla Basilicata di una nota rivista naturalistica. All’interno una inchiesta "l'oro nero" e un bel po’ di pagine pubblicitarie dell’ENI.
Qui l’aria puzza ma non è solo una metafora. Mi rinfranco lo spirito ammirando il panorama, dalla cadente e orrenda piattaforma del tiro al piattello, verso i monti Sirino e Alpi innevati e la verde Val D’Agri. Il tormentone del giorno: ai bar per un bicchiere d’acqua mi raccomando che non sia del rubinetto.La sera davanti all’albergo incontro due militari (si e no ventenni) in divisa e armati fino ai denti. Mi chiedono una sigaretta. Gli chiedo cosa ci facciano qua. Sono di vigilanza ai pozzi per via della crisi terroristica. Mi andrebbe di chiedergli come dovrebbero reagire in caso di un attentato terroristico. Ma non lo faccio. Tanto non lo sanno neanche loro. Nel paese della moda anche l’esercito ha bisogno di sfilare per mostrare le nuove divise. Durante la notte un chiarore irreale avvolge la Val D’Agri, sembra di essere in un film di fantascienza.
Andateci in Val d’Agri, non lasciatela sola, la gente è cordiale, Il cibo è buono, il paesaggio è bello (sembra la Svizzera dicono tutti) e in fondo l’aria che respirate nelle vostre città non è più pulita di questa.
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