mercoledì 3 settembre 2003

Rifugi chiusi

Il Pollino presenta la drammatica situazione di essere un Parco "inospitale" escursionisti e mancano strutture capaci di dare una efficiente assistenza a chi pratica l'escursionismo o semplicemente ai gruppi scolastici in visita la cuore del parco.
Il Parco Nazionale è un Parco molto strano. Nonostante ormai siano passati 10 anni dalla sua istituzione invece di dotarsi di servizi, sembra in fase di liquidazione.
Nel territorio Lucano del Parco esistono ben 10 rifugi: Fasanelli e Colle Ruggio a Rotonda, De Gasperi e Visitone a Viggianello, Madonna di Pollino a Sanseverino, Segheria, Catusa e Aquila Verde a Terranova di Pollino, Acquafredda a San Costantino Albanese, Caserma a Francavilla sul Sinni, Bosco Favino a Castelsaraceno.
Forse ne manca qualcuno all'appello, me ne scuso con il lettore, ma evidentemente se non mi vengono in mente è solo perché non attivi o non adeguatamente pubblicizzati.
Al momento di questo lungo elenco sono in funzione solo il De Gasperi, Visitone (solo ristorazione), Acquafredda, Aquila Verde.
I due rifugi di Rotonda "sono stati chiusi" fine estate 2000 e sono in totale abbandono e degrado, la segheria (colossale struttura in stile Montagne Rocciose) non ha mai aperto, la Catusa da anni non lavora più, di Madonna di Pollino non si hanno notizie di eventuali aperture, Caserma "non pervenuto".
Invece è notizia di questi giorni che il Rifugio Bosco Favino "è stato chiuso" causa di attriti tra i gestori e l'amministrazione comunale, a poco più di un anno dalla sua apertura.
Non mi interessa di chi siano le responsabilità, a me interessa solo che un altro rifugio è chiuso.
Questo significa che non potrò mettere nei miei programmi per le scuole l'escursione ai Pini Loricati, la visita a Castelsaraceno, una passeggiata trai "Frusci", perché senza una struttura di appoggio per il pranzo, per i servizi igienici, per le emergenze. Gli insegnanti senza uan struttura di appoggio considerano disagevole avventurarsi in queste località che ai loro occhi sembrano abbandonate da Dio, nonostante il notevole valore paesaggistico che le caratterizza.
Così Castelsaraceno cadrà nel dimenticatoio del Parco.
Se qualcuno vorrà replicare sulla eventuale "cattiva gestione" della cooperativa, io rispondo semplicemente che non mi interessano le opinioni ne dell'una ne dell'altra parte. L'unica cosa che mi riguarda e che per quel rifugio tra ricorsi, tribunali, avvocati passeranno come minimo 5-6 anni affinché riapra di nuovo. Durante questo lungo tempo marciranno le fondamenta, gli infissi, gli impianti. Quando si sarà chiarita la situazione bisognerà spendere qualche decina di migliaia di euro per riportarlo in condizione di funzionare: soldi che l?amministrazione comunale non avrà, quindi bisognerà chiedere finanziamenti, e così via.
Risultato i gestori "vecchi" non avranno potuto lavorare, i potenziali "nuovi" saranno invecchiati in attesa di veder esaudire le loro richieste.
È una vecchia storia che si ripresenta uguale, ovunque, sempre: ne dovrebbero fare tesoro gli amministratori prima di intraprendere strade che non giovano a nessuno.
L'unico risultato evidente è che intanto nel Pollino non si possono fare trekking rifugio-rifugio, non si possono accompagnare scolaresche in luoghi sicuri ed assistiti, i turisti non possono usufruire di strutture di emergenza e chiedere informazioni, guide, alloggi.
Per non parlare dell?assurda pretesa di fare dei rifugi strutture che funzionino al tempo stesso da bar, pub,albergo, agriturismo, ristorante. Un rifugio è un rifugio e in quanto tale dovrebbe essere pensato per una ospitalità di tipo spartana, economica e dedicata ad un turismo specializzato: gruppi trekking, campi scuola, settimane verdi.
Ci sarebbe bisogno di un intesa tra Regione Basilicata e Parchi per affrontare con strumenti giuridici questa assurdo indice di arretratezza culturale ed economica.