Mentre nel Parco nazionale del Pollino, si è scelta la via dell'abbattimento "selettivo", a beneficio di una casta di privilegiati "cacciatori" scelti dall'Ente Parco, attraverso un concorso, nel piccolo Parco Regionali delle Dolomiti Lucane, è stata fatta una scelta POLITICA DIVERSA. Questa soluzione da opportunità ad agricoltori residenti nel Parco di beneficiare della RISORSA SELVAGGINA in esubero o dannosa.
Uno dei più grandi fallimenti della politica ambientale e conservazionista italiana
mercoledì 26 settembre 2007
mercoledì 5 settembre 2007
Incendi: Nessuno si dimette!?
E' appena finita l'estate rovente... SPERIAMO. Gli incendi hanno percorso ettari ed ettari di foreste, macchie mediterranea, rimboschimenti, steppe, ginestreti, pascoli pascolati e pascoli abbandonati. Le vittime umane non "professionali" sono state, guarda un pò, turisti e addetti a servizi turistici (agriturismo), quasi a ricordarci il legame intimo tra natura e turismo.
Ma nessuno si è assunto responsabilità, politiche, istituzionali, professionali che siano, ammettendo la sconfitta e l'inefficienza dei sistemi di prevenzione che in qualche modo gli competono.
Qui di seguito il decalogo "antincendio" a cura del COMITATO PARCHI E RISERVE , che tutti i nostri "capi" dovrebbero conoscere e se non condiviso comunque farci conoscere le loro "ricette". Ma non credo che si siano messi mai a studiarne una...
IL DECALOGO DIMENTICATO
1 ) Il mito della “ legge toccasana ”
Ogni volta che esplode un problema, nel Paese “culla del diritto” (un diritto che a volte pare addormentato nella culla) tutti invocano una nuova legge che risolverà tutto. Pochi pensano ad applicare, intanto, le norme esistenti. Un’inchiesta di qualche anno fa rivelò che l’80% delle leggi ambientali restava disapplicato. Da allora è cambiato qualcosa?
2 ) La sindrome del “ bosco – giardinetto ”
Dopo il fuoco, si riaccende l’idea che il bosco non va lasciato in pace, ma pulito, decespugliato, liberato dei rami e dei tronchi caduti… Ma qualcuno ha provato a fare un raffronto tra un bosco “pulito” e la vera foresta? In questa c’è la vita, i muschi abbondano e l’umidità del sottobosco non solo è doppia, ma si conserva anche in piena estate.
3 ) La coniferòsi acuta
A guardarsi attorno, si direbbe si debba rimboschire solo a conifere, che con la resina e la lettiera di aghi secchi sembrano esca ideale per il fuoco. Inoltre ad abbassare le falde idriche ha pensato l’eucaliptomanìa dilagante. Le conifere costituiscono ottime specie preparatorie, ma non andrebbero poi diradate per aprire spazio alle latifoglie in arrivo?
4 ) La devoluzione comunarda
Tutte le competenze sono reclamate dai comuni, o vengono loro rifilate disinvoltamente, mentre imperversano i tagli finanziari. Su oltre 10 mila comuni, sembra che appena 42 avessero in regola il catasto dei terreni bruciati… Chi li controllava? E chi ha mai visto una concessione edilizia rigorosamente rifiutata a causa del fuoco?
5 ) Localismo e interesse generale
Alcuni accusano certi comuni di favorire una edilizia eccessiva per introitare gli oneri di urbanizzazione. Altri evocano il cosiddetto “indice di parentelizzazione” assai elevato nei piccoli centri, per cui non si dice mai di no a cugini o nipoti… Ma un importante patrimonio collettivo non può essere difeso solo alla giornata, da piccoli interessi locali.
6 ) Deficit etico e culturale
Dov’è finita la vecchia, cara educazione civica? Chi spiega ai giovani il significato della natura e del bosco? (intendiamo la foresta vera, non il “bosco-stecchino” supersfruttato, e valutato solo in metri cubi per far soldi). Ogni scuola non potrebbe “adottare” e difendere la selva più vicina? Non abbiamo bisogno di una nuova cultura ed etica del bosco?
7 ) Prevenire, anziché spegnere il fuoco
Quando l’incendio scoppia, se non si interviene subito sono guai. Sono allora essenziali la torre di controllo o il telerilevamento, il collegamento SOS e l’allarme immediato, il volontariato attivo e il controllo sociale… E naturalmente l’elicottero pronto a partire (altrimenti più tardi dovrà intervenire il Canadair). Siamo sicuri che avvenga tutto questo?
8 ) Prescrizioni prima del fuoco
Preventivamente si può fare molto di più. Non rifiuti sparsi con bottiglie che diventano “lenti ustorie”, ma aree di sosta fuori dal bosco, ben controllate. Non striscie tagliafuoco (“cesse”), ma chiusura delle troppe piste di penetrazione forestale. Non chiacchiere, ma tabelloni indicatori del grado di pericolo incendio (come negli USA). E occhi aperti!
9) Prescrizioni dopo il fuoco
Considerate le matrici evidenti dell’inferno estivo (edilizia, pascolo, cantieri di rimboschimento e via dicendo) il rimedio è semplice. Divieto assoluto e prolungato di costruire, urbanizzare, pascolare, cacciare e rimboschire. Recintare e/o segnalare subito le aree percorse dal fuoco, e poi lasciarle in pace. In pochi anni, la natura farà il resto.
10) Ammortizzatori sociali
Accanto a demenziali piromani (pochi) e farabutti incendiari (parecchi) vi sono anche poveri disperati e diseredati alla ricerca di sopravvivenza (molti). Offrire a tutti un’occupazione temporanea, almeno estiva: con lavori agroforestali seri, ma solo nelle zone non colpite, come premio di qualità ambientale. Verso quei Comuni indirizzare finanziamenti speciali.
NOTA: Questo Decalogo è semplice, ma resterà in gran parte inascoltato. Così come cadranno nel vuoto altri vecchi avvertimenti, ribaditi più volte ma senza alcun frutto. Per esempio, attribuire ai Parchi Naturali il controllo sul Catasto dei Comuni. Oppure, verificare chi ha acquistato, e quando, i terreni oggetto di frenesia edificatoria. Già nel lontano 1990 scrivevamo su un periodico ambientalista: “Il famoso articolo 9 della legge n. 47 del 1° marzo 1975 è ben chiaro, e stabilisce che le zone “danneggiate”dalle fiamme non possono avere “destinazione diversa”, escludendo quindi la loro edificabilità. Ma viene veramente applicato? A distanza di anni, chi controlla davvero dov’era passato l’incendio? Chi conosce casi di concessioni edilizie rifiutate in base a questa disposizione? Forse non sarebbe male che il Governo provvedesse ad istituire un catasto nazionale (sottolineiamo: governo, catasto e nazionale) dei territori percorsi dal fuoco dal 1975 in poi”. Sono passati ormai oltre tre lustri, è venuta una nuova “legge toccasana”, si sono succeduti molti ministri dell’ambiente… Ma siamo sicuri che qualcosa sia davvero cambiato?
Franco Tassi - Roma
natura@comitatoparchi.it www.comitatoparchi.it
COMITATO PARCHI - Comunicato stampa n. 29 -ALLEGATO / settembre 2007
Ma nessuno si è assunto responsabilità, politiche, istituzionali, professionali che siano, ammettendo la sconfitta e l'inefficienza dei sistemi di prevenzione che in qualche modo gli competono.
Qui di seguito il decalogo "antincendio" a cura del COMITATO PARCHI E RISERVE , che tutti i nostri "capi" dovrebbero conoscere e se non condiviso comunque farci conoscere le loro "ricette". Ma non credo che si siano messi mai a studiarne una...
IL DECALOGO DIMENTICATO
1 ) Il mito della “ legge toccasana ”
Ogni volta che esplode un problema, nel Paese “culla del diritto” (un diritto che a volte pare addormentato nella culla) tutti invocano una nuova legge che risolverà tutto. Pochi pensano ad applicare, intanto, le norme esistenti. Un’inchiesta di qualche anno fa rivelò che l’80% delle leggi ambientali restava disapplicato. Da allora è cambiato qualcosa?
2 ) La sindrome del “ bosco – giardinetto ”
Dopo il fuoco, si riaccende l’idea che il bosco non va lasciato in pace, ma pulito, decespugliato, liberato dei rami e dei tronchi caduti… Ma qualcuno ha provato a fare un raffronto tra un bosco “pulito” e la vera foresta? In questa c’è la vita, i muschi abbondano e l’umidità del sottobosco non solo è doppia, ma si conserva anche in piena estate.
3 ) La coniferòsi acuta
A guardarsi attorno, si direbbe si debba rimboschire solo a conifere, che con la resina e la lettiera di aghi secchi sembrano esca ideale per il fuoco. Inoltre ad abbassare le falde idriche ha pensato l’eucaliptomanìa dilagante. Le conifere costituiscono ottime specie preparatorie, ma non andrebbero poi diradate per aprire spazio alle latifoglie in arrivo?
4 ) La devoluzione comunarda
Tutte le competenze sono reclamate dai comuni, o vengono loro rifilate disinvoltamente, mentre imperversano i tagli finanziari. Su oltre 10 mila comuni, sembra che appena 42 avessero in regola il catasto dei terreni bruciati… Chi li controllava? E chi ha mai visto una concessione edilizia rigorosamente rifiutata a causa del fuoco?
5 ) Localismo e interesse generale
Alcuni accusano certi comuni di favorire una edilizia eccessiva per introitare gli oneri di urbanizzazione. Altri evocano il cosiddetto “indice di parentelizzazione” assai elevato nei piccoli centri, per cui non si dice mai di no a cugini o nipoti… Ma un importante patrimonio collettivo non può essere difeso solo alla giornata, da piccoli interessi locali.
6 ) Deficit etico e culturale
Dov’è finita la vecchia, cara educazione civica? Chi spiega ai giovani il significato della natura e del bosco? (intendiamo la foresta vera, non il “bosco-stecchino” supersfruttato, e valutato solo in metri cubi per far soldi). Ogni scuola non potrebbe “adottare” e difendere la selva più vicina? Non abbiamo bisogno di una nuova cultura ed etica del bosco?
7 ) Prevenire, anziché spegnere il fuoco
Quando l’incendio scoppia, se non si interviene subito sono guai. Sono allora essenziali la torre di controllo o il telerilevamento, il collegamento SOS e l’allarme immediato, il volontariato attivo e il controllo sociale… E naturalmente l’elicottero pronto a partire (altrimenti più tardi dovrà intervenire il Canadair). Siamo sicuri che avvenga tutto questo?
8 ) Prescrizioni prima del fuoco
Preventivamente si può fare molto di più. Non rifiuti sparsi con bottiglie che diventano “lenti ustorie”, ma aree di sosta fuori dal bosco, ben controllate. Non striscie tagliafuoco (“cesse”), ma chiusura delle troppe piste di penetrazione forestale. Non chiacchiere, ma tabelloni indicatori del grado di pericolo incendio (come negli USA). E occhi aperti!
9) Prescrizioni dopo il fuoco
Considerate le matrici evidenti dell’inferno estivo (edilizia, pascolo, cantieri di rimboschimento e via dicendo) il rimedio è semplice. Divieto assoluto e prolungato di costruire, urbanizzare, pascolare, cacciare e rimboschire. Recintare e/o segnalare subito le aree percorse dal fuoco, e poi lasciarle in pace. In pochi anni, la natura farà il resto.
10) Ammortizzatori sociali
Accanto a demenziali piromani (pochi) e farabutti incendiari (parecchi) vi sono anche poveri disperati e diseredati alla ricerca di sopravvivenza (molti). Offrire a tutti un’occupazione temporanea, almeno estiva: con lavori agroforestali seri, ma solo nelle zone non colpite, come premio di qualità ambientale. Verso quei Comuni indirizzare finanziamenti speciali.
NOTA: Questo Decalogo è semplice, ma resterà in gran parte inascoltato. Così come cadranno nel vuoto altri vecchi avvertimenti, ribaditi più volte ma senza alcun frutto. Per esempio, attribuire ai Parchi Naturali il controllo sul Catasto dei Comuni. Oppure, verificare chi ha acquistato, e quando, i terreni oggetto di frenesia edificatoria. Già nel lontano 1990 scrivevamo su un periodico ambientalista: “Il famoso articolo 9 della legge n. 47 del 1° marzo 1975 è ben chiaro, e stabilisce che le zone “danneggiate”dalle fiamme non possono avere “destinazione diversa”, escludendo quindi la loro edificabilità. Ma viene veramente applicato? A distanza di anni, chi controlla davvero dov’era passato l’incendio? Chi conosce casi di concessioni edilizie rifiutate in base a questa disposizione? Forse non sarebbe male che il Governo provvedesse ad istituire un catasto nazionale (sottolineiamo: governo, catasto e nazionale) dei territori percorsi dal fuoco dal 1975 in poi”. Sono passati ormai oltre tre lustri, è venuta una nuova “legge toccasana”, si sono succeduti molti ministri dell’ambiente… Ma siamo sicuri che qualcosa sia davvero cambiato?
Franco Tassi - Roma
natura@comitatoparchi.it www.comitatoparchi.it
COMITATO PARCHI - Comunicato stampa n. 29 -ALLEGATO / settembre 2007
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